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(READ) POST PRIMO MAGGIO / Le nostre riflessioni dopo il concertone di Taranto

Qualche riflessione dopo il primo maggio a Taranto e dopo il concerto”Si ai diritti, no ai ricatti”.

Anzitutto è stato uno spettacolo senza precedenti. Più di 180000 persone presenti e nulla da invidiare al tradizionale concerto annuale di Piazza San Giovanni a Roma.

Non a caso molti artisti dalla capitale cominciano a inviare sms ai propri colleghi dal contenuto: “Qui è una noia, dovremmo essere a Taranto anche noi”.

In secondo luogo cosa dire della Cisl che invece di preoccuparsi delle problematiche derivanti dall’Ilva, come doveroso da parte di un sindacato, si è preoccupato di definire l’evento “saga di paese” rispetto a Roma?

Il concerto di Taranto aveva una ratio ed un senso ben precisi: gente del Sud unita per lottare per i propri diritti, per far rinascere la propria città, per urlare dalle 15,00 alle 02,00 di notte “Taranto libera”, insieme ai cantanti.

Alle 14,30 si è capito subito, con Caparezza, che si trattava di un momento importante. Poi l’attore Michele Riondino, direttore artistico insieme a Roi Paci. E quando mai a Roma si è vista un’apertura così? ”Signor presidente del consiglio, signori ministri, signor presidente della Regione, signor sindaco e signori sindacalisti vi continueremo a maledire ogni giorno per tutto ciò che potreste fare e non fate. Ci sarà il giorno in cui le voci che avete soffocato riusciranno a farsi sentire. Siamo vicini a quella data”.

Dopo una serie di gruppi emergenti, si alternano negli show i Big: Fiorella Mannoia, Tre allegri ragazzi morti, Vinicio Capossela, Mama Marjas, Fido Guido, Sud Sound System, 99 Posse, Afterhours e tantissimi altri.

“Il lavoro è un nostro diritto, ma lo è anche e soprattutto la salute”, dice Fiorella Mannoia.
“Ilva is a killer. Se ci uniamo concretamente tutti e 100000 quanti ne siamo otterremo i cambiamenti. Perché gli abitanti di Taranto non devono morire. Devono credere ancora nella vit.”, grida sul palcoscenico la grintosa e tarantinissima Mama Marjas.
È poi il turno dei Sud Sound System: “Questa è casa mia, terra mia, Tarantu, no, nuh se tocca”. I tre salentini hanno esortato il pubblico a riprendersi la propria terra dalle mani degli impostori.

Standing ovation per i 99 Posse, i quali operano un parallelo tra Taranto e Napoli. Una rappresentanza molto forte, la loro, che hanno accusato potere precostituito e polizia.

Tra un’esibizione e l’altra intervengono diverse realtà e movimenti ecologici nazionali: “No al Carbone Brindisi”, “Coordinamento Acqua Pubblica Abruzzo”, “No Triv Basilicata”, “Via il Carbone La Spezia”, “Terra dei Veleni-Crotone ci mette la faccia”. Ognuno racconta le proprie storie, le proprie problematiche, le proprie battaglie e la folla ringrazia con il proprio calore.

Mentre la “fabbrica della morte” fuma in lontananza con i propri veleni e vapori, a poca distanza c’è una distesa infinita di gente proprio all’interno di un luogo emblematico: il Parco Archeologico delle mura greche. Proprio in quello scenario ricco di storia, i tarantini rivendicano la propria identità, la propria appartenenza e desiderano il ritorno agli antichi splendori, come quando Taranto era una delle colonie più belle e importanti della Magna Grecia. Basta abusi, vogliamo tornare a respirare e a vivere il futuro con speranza. Provincialismo o semplice senso di giustizia?

Eugenia Conti

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