“Boston 2 Naples”, nuovo progetto di Oyoshe col duo rap americano G.Dot & Born

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“Boston 2 Naples” è il nuovo progetto di Oyoshe, G.DOT & BORN

Napoli e Boston due città unite dalla passione per l’hip hop nel nuovo disco di Oyoshe e G.DOT & BONN.

Il progetto nasce dopo una collaborazione live di Oyoshe e Edo G. nel 2012 in un incontro a Napoli ed è stato presentato lo scorso 26 Aprile all’Agorà Dema con la collaborazione de “Full Heads” e poi il 27 Aprile al Blu Club con il 4 Raw City Sound Studio in un live che ha visto  alternarsi sul palco: Viktor Tilt, Honicidial Familia, Mc Sof, Ekspo, Dope One e ai piatti Dj Snifta.

Il progetto conta 7 track nate dall’incontro tra i due ed Oyoshe e vede quest’ultimo protagonista come producer e beat maker. Il disco coniuga quattro tra le tre discipline dell’Hip hop: mcing con le rime di G.DOT& BONN, Dope One, Ekspo, Akrobati e Edo G. djing con la partecipazione del romano Dj Snifta e i beat di Oyoshe, e il writing con le grafiche realizzate dal Wyz Rebel Label.

Grande sintonia tra le due scene che proviene dallo stesso modo di vivere la strada e la musica hip hop: “Questo progetto rappresenta una grande connessione attitudinale tra Boston e Napoli” racconta Oyoshe nel contributo video che potrete trovare alla fine dell’articolo, mentre Bonn aggiunge che la loro storia artistica ha avuto origine con l’aver iniziato a fare rap e averlo continuato poi per tutta la vita, proprio come il percorso di Oyoshe.

Oggi a partire dalle h.18:00 i tre saranno al London Store di Via Nilo per salutare i due bostoniani di ritorno in patria, dopo un tour che li ha visti esibirsi a Milano e Lecco, sarà possibile acquistare il disco ed ascoltare un po’ di real hip hop!

https://www.youtube.com/watch?v=1nMwZYithnA

Elena Lopresti

NEWROZ OFF CON NTO E SANGUE MOSTRO / A Mezzocannone jam session della scena rap campana sulle note di “Int o Rione”

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Il Newroz Festival è stato creato lo scorso anno dai ragazzi partenopei del collettivo di Insurgentia. Una rassegna a cavallo tra ottima musica e interessanti dibattiti con tematiche relative all’ambiente, alla resistenza e all’accoglienza dei migranti. L’evento è stato dedicato interamente a Kobane e al popolo curdo che combatte sul territorio per mantenere la propria auto-determinazione. Ormai è praticamente avvenuto il gemellaggio tra i curdi e i napoletani proprio grazie alla rappresentanza di compagni che si è addirittura recata sul posto, a Nord della Siria, per offrire solidarietà ed aiuto ai resistenti. Nella prima edizione 2015 sul palco dell’area Sound Garden della Mostra d’Oltremare (Napoli) si sono susseguiti importanti artisti come Jovine, Mama Marjas, James Senese e niente poco di meno che Sir David Rodigan, il selecta londinese che infuoca le dancehall di tutto il Mondo.

La seconda edizione 2016 si terrà a giugno e la line-up artistica sta per essere definita del tutto.  Al momento i nomi già confermati sono i 99 Posse e i Subsonica che quest’anno si esibiranno nella suggestiva location delle Terme di Agnano. Gli altri cantanti presenti li conosceremo a breve.

L’organizzazione si è però premurata durante l’anno trascorso di fare delle date extra in attesa della tappa estiva ufficiale denominate “Newroz Off”. Lo scorso 19 marzo nello scenario di Mezzocannone Occupato protagonisti della data del “Newroz Off” dedicata all’hip-hop sono stati i Sangue Mostro, veri veterani del genere costituenti la sintesi di formazioni storiche come 99 Posse, 13 Bastardi e Tck Clan, che hanno conquistato il pubblico col loro live concert insieme ad Ntò, ex leader dei Co-Sang e massimo rappresentante di quella che è stata definita la “Golden Age napoletana”. Il generale Ntò ha concluso il suo show cantando “Int o rion”, pezzo considerato una vera pietra miliare del rap campano. Al suono di “Int o Rion” allora tutti i rapper presenti nel back-stage sono saliti sul palco per improvvisare una strofa su quella celebre base creando così una mega jam session. Si sono alternati i big della Old e New School ai ragazzi più emergenti ed underground. Da Ekspo a Speaker Cenzou, da Ale Zin a Oyoshe, da Pepp-oh a Maik Brain, dai giovanissimi rapper dei collettivi di Shotgun Studio ai Moderup. Il risultato, come potrete constatare in video, è stato dei più belli !

Eugenia Conti

 

RECORD REVIEW / MEA CULPA – Clementino (2013)

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“Mea Culpa” è il terzo disco solista dell’artista datato maggio 2013. Ovvio che dai tempi di Napoli Manicomio e del Cazone Largo, non solo l’abbigliamento, ma anche lo stato di cose siano cambiati un po’.

Clementino è cresciuto, ha avuto l’incontro con situazioni e dinamiche diverse che l’hanno portato a scrivere i versi di Mea Culpa. Con questo lavoro va più incontro al grande pubblico, contamina il rap underground con ritornelli più melodici, ma senza mai snaturarsi.

L’album che vanta collaborazioni e produzioni d’eccezione si apre da subito sul beat di Fritz Da Cat con Amsterdam, racconto personale dell’mc in cui viene fuori l’importanza del rap in questi tempi duri e la necessità di dover scrivere sempre come valvola di sfogo.

E’ il turno di ‘O vient, grande hit della scorsa estate, cantata a squarciagola dal più piccoli ai più grandi. Ma in quanti hanno recepito il vero senso del testo? Clemente ripercorre la storia e trova in quest’ultima la causa dell’emigrazione da Sud a Nord.

Una canzone in cui il rapper diventa brigante e si esprime senza filtri e remore. Tema dell’emigrazione richiamato anche nella traccia numero 4 “Aquila reale”. Accanto a tematiche più impegnative, considerando la solarità del nostro artista nascono anche i pezzi più a “pariamento” come “Che hit” o “Alto livello”, che diventano suoi cavalli di battaglia durante i live, interpretandoli con la teatralità che lo contraddistingue, permettendogli di dominare il palco come gladiatore dentro un’arena.

Anche Giovanni Falcone e Peppino Impastato trovano il loro posto all’interno del cd nella traccia”Mea Culpa” feat. Meg, bellissima ex voce femminile dei 99 Posse, che da il nome all’intero album. Clementino parla col suo linguaggio hip hop di fatti così delicati senza però risultare mai retorico, come è dimostrato in un altro brano: “Pianoforte a vela”, dedicato alle vittime della camorra. Qui racconta tre agguatii realmente avvenuti nelle strade di Napoli e a cui egli stesso ha assistito in prima persona.

La base con quelle note di pianoforte in lontananza, le parole cruente e forti che si susseguono una dietro l’altra e che ti aprono un sipario su quelle realtà, per me lo rendono uno dei brani più belli. Sipario aperto su certi scenari anche nel brano “Dalle Palazzine”, la cui ratio è quella di far rendere conto che tutte le periferie sono uguali ed hanno proprie problematiche, da Scampia a Quartoggiaro.

E qui non potevano mancare colleghi come Ntò, ex Cosang, from Marianella (periferia di Napoli) o Marracash from Barona (periferia di Milano). Gli ospiti sono tanti comunque: da Paura a Noyz Narcos, da Fibra a Rocco Hunt, Jovanotti e Negrita. Fratello (feat.Jovanotti) e Buenos Aires-Napoli (feat. Negrita) dimostrano che il rap può essere versatile e che le citazioni col parlato possono essere la base ideale per creare una nuova canzone. Giungla, col fratellino Rocco Hunt, racconta poi della loro musica. “Tra mille tradizioni, Clementino, Rocco Hunt, sona hardcore a musica terrona”. Il gran finale per me c’è nella Bonus Track del disco: “Messaggeri del Vesuvio”, sul cui beat rappa una buona fetta della scena campana, compresi i nomi più storici. Speaker Cenzou, Ale Zin, Ekspo, ShaOne, Polo.

Quelli che una volta venivano chiamati La Famiglia o 13 bastardi e senza i quali oggi nella città partenopea non ci sarebbe neanche un graffito, un ragazzo col cappellino da mc ed una battle di freestyle. Ciò che trapela è forte: Clemente per quanto sia potente ormai a livello nazionale non dimentica le sue origini. Sa di essere bravo in italiano, ineguagliabile in napoletano. Si considera un messaggero del Vesuvio, un pò come quelli della Dopa del primo Neffa.

Eugenia Conti

 

RECORD REVIEW / Troppo……….L'EP dei 13 Bastardi (1998)

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Signore e signori qui abbiamo una vera e propria perla di stile! Stiamo parlando di un prodotto che ha in sé la freschezza del vero funk, di quello senza tempo. Questo Ep sembra quasi una jam session di mostri. Quattro tracce in cui possiamo trovare evoluzioni liriche che all’epoca anticipavano i tempi (nel 1998 infatti per sentire incastri simili dovevi risiedere solo a Senigallia e comprare i tape di un certo Fabri Fibra, quello degli esordi). Sto parlando dei 13 bastardi con Troppo….. un ep che fondamentalmente ha fatto la differenza, anzi per gli amanti del genere direi la storia! Il numero 13 è un numero figurativo: non rappresenta il vero numero di componenti della crew, ma è stato scelto in quanto, come scaramanzia comanda, è un numero fortunato. Alle produzioni troviamo Vinch (Jet Pilder), ai piatti Dj Drako, al microfono Paura, Callister, Castì, Domasan, Ekspo e Joz. Si pensi che la formazione di allora non comprendeva ancora né Svez (proveniente da Clan Vesuvio) né Dj 2phast, mentre Zin ne faceva già parte ma era in fase di “crescita”. I quattro brani si ascoltano che è una favola. Analizziamoli uno per uno. Partiamo con “Troppo”, la traccia che da il titolo al progetto ed in cui sono presenti tutti i componenti del collettivo da subito l’idea di quale sia la vera ratio di questo esperimento. Per non parlare del sample usato sul beat: una vera bomba ! Passiamo a “Emissioni di flusso”, traccia solista di Paura che già ai tempi faceva scuola con la sua “mastità”. Terza track è “Per volere degli elementi” in cui sono presenti Domasan, Joz e Ekspo(ai tempi noto come Euan): oltre ad essere caratterizzata dallo stile lo è soprattutto dai contenuti. Infatti dal testo viene a galla il lato “oscuro” della Napoli di fine anni ’90,l sottolineando il disagio dei giovani con tutte le annesse problematiche. Se si è appassionati di rap campano non si può prescindere dal conoscere questo pezzo. Arriviamo così all’ultima mina che ha un titolo abbastanza lungo “Bionic commando rush’n’attak special Callister 3 mobile suit power up fortified school”. Nel pezzo prevale per lo più Callister con flow allucinanti, il quale è accompagnato da Ekspo, Joz e Domasan. Se siete patiti del funk e del rap fatto con una certa attitudine e tecnica, lontano dalle logiche di mercato mainstream e dagli stereotipi “Troppo” non può mancare nella vostra playlist. Credetemi anche ascoltato a 18 anni di distanza fa avvertire sempre quella sensazione di freschezza che rende dischi come questo immortali !

Fabio De Cenzo aka Skarraphone

INTERVIEW WITH JORIT AGOCH : "Esprimo le mie emozioni da writer attraverso le bombolette"

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La cultura hip hop contiene in se’ quattro elementi inscindibili: MCing, breaking, Writing e DJing. Oltre al rap in Campania c’è un’altra disciplina nella quale spiccano massimi talenti: il Writing. Il writer che abbiamo intervistato per voi e’ Jorit Agoch, classe ’90 e membro della KTM, storica crew napoletana composta da Polo, ShaOne, Cyop, Kaf e tanti altri nomi. Jorit, nato a Napoli nel 1990, da padre napoletano e mamma olandese, nonostante la giovane età è già molto conosciuto avendo esposto e “imbrattato” i muri di buona parte del mondo: dall’Africa a Cuba, da Londra a New York senza mai dimenticare le sue origini partenopee. Infatti Napoli è grande fonte di ispirazione per l’artista:  muri, gli edifici e i treni della città sono stati riempiti di sue scritte, graffiti e soprattutto di ritratti di volti.  “Il Writing ha il merito di creare un’identità comune nei giovani che cominciano a vivere la città come uno spazio in cui dare sfogo alla propria voglia di espressione artistica”, ci spiega Agoch. Gli chiediamo di più.

Jorit quando hai dipinto per la prima volta su un muro?

Avevo circa dodici anni e scrissi insieme agli altri amici del mio viale il nome della nostra banda su un muro. Era un nome di fantasia che non ricordo neanche, ma dopo quella prima volta non ho mai più smesso di dipingere nemmeno per un giorno.

Quando hai fatto invece la conoscenza della cultura hip hop?

Sempre in quello stesso periodo ho scoperto che dietro al mondo delle firme c’era un movimento enorme: una cultura chiamata Hip-hop, persone chiamate writers che svolgevano queste attività già da una vita e che oltre a fare scritte sui muri dipingevano disegni elaboratissimi. Da quel momento in poi mi sono innamorato in maniera folle di quei valori. È stato il classico colpo di fulmine grazie al quale ho iniziato ad essere un vero writer e a fare della street-art la mia ragione di vita.

Quindi hai imparato da autodidatta. Come realizzi le tue opere?

Praticamente si. Già 12, 13 anni fa un amico mi illuminò raccontandomi le storie dei graffiti americani e spiegandomi lo stile dello street art quando ancora il fenomeno non era molto diffuso da queste parti. Poi ho deciso di laurearmi all’Accademia di Belle Arti dove ho appreso come utilizzare l’olio su tela e l’acrilico. Si può dire però che abbia imparato essenzialmente da solo grazie all’allenamento costante. Ricordo che le prime volte entravo in qualche negozio, rubavo le bombolette e mi dirigevo subito nelle periferie partenopee a “inguacchiare” i muri. Le mie opere per strada sono realizzate al novanta per cento con bombolette. Poi posso bucarle, spruzzare i colori nei tappi e stenderli aiutandomi col pennello, ma in primo luogo utilizzo spray.

Principalmente hai dipinto le tue opere nelle periferie napoletane, ma hai esposto e pittato in buona parte del mondo. Raccontaci le esperienze estere che ti hanno maggiormente segnato.

Ho girato molto sia per mostrare le mie opere, che per realizzarle. Amo viaggiare e penso che si possa essere una persona più ricca esclusivamente conoscendo e stando a contatto con le varie culture del mondo. Non a caso appena raccimolo qualche risparmio faccio biglietti e parto ovunque. Vuoi sapere i viaggi che più mi hanno segnato? Sicuramente le otto volte che sono stata in Africa per beneficenza. Ho realizzato delle mostre per raccogliere fondi al fine di creare degli ospedali sul posto. Poi le mie esposizioni a Londra, Berlino e Sidney senza dimenticare la magica Cuba.

Dove ti piacerebbe che fossero esposte le tue opere?

Il mio sogno sarebbe tenere una mia mostra a New York perché è una città che amo, nonché la vera patria dell’hip-hop. Ci sono stato tre mesi all’inizio dell’anno assieme a Polo de “La Famiglia” (ormai stabilitosi nella Grande Mela da tempo) e ne sono rimasto incantato.

Dai tempi della Famiglia e della prima generazione dell’hip hop campano sicuramente la musica rap è molto cambiata qui a Napoli. Cosa pensi della scena odierna e quanto te ne senti parte?

Mi sento parte della scena attuale. Non mi appartengono e non mi interessano però le polemiche sul vero o sul falso hip-hop. L’importante è che Napoli abbia sfornato dei nomi importanti del genere che continuano ad essere riconosciuti. Personalmente stimo da morire Speaker Cenzou, ShaOne, Polo, ma anche lo stesso Clementino (accusato da molti di essere diventato troppo commerciale). Sono il primo che si sente e vuole fare il writer, ma a volte devo adattarmi a dipingere le serrande o a fare arredamenti d’interni per andare avanti. Capisci che intendo dire? L’importante è che ogni lavoro sia guidato sempre dalla passione.

Sicuramente una grande passione unita al tuo talento ti hanno portato a far parte a soli 24 anni della KTM. Cosa significa per te appartenere a questa crew hip-hop? E che progetti hai per il futuro?

La KTM è diventata senza dubbio dal 1992 ad oggi la crew hip-hop più storica e rinomata di Napoli. Per me è un onore farne parte già da tre anni ed avere il rispetto di persone come Polo e ShaOne, miei esempi di vita fin da quando ero solo un ragazzetto. Fare parte della KTM costituisce ovviamente il raggiungimento di un mio obiettivo, ma oggi quello a cui aspiro è di costruirmi un mio spazio e un mio nome nel mondo della street-art a livello internazionale. Voglio continuare come da quattro anni a questa parte a concentrarmi soprattutto sui volti umani da cui sono attratto in maniera fortissima. Mi piace dipingerli, mi piace la sensazione che provoca nelle altre persone quando li osservano e mi piace quello che simboleggia perché il viso è ciò che meglio identifica una persona. Per il futuro vorrei che essere writer mi rendesse come un vero e proprio lavoro perché sporcarmi le mani, immaginare e emozionarmi attraverso i colori e’ l’unica cosa che amo fare dalla mattina alla notte…

Eugenia Conti

 

INTERVIEW WITH SANGUE MOSTRO / L'unica scuola da seguire è la True School. Così nasce CuoRap

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Ekspo, Ale Zin, Speaker Cenzou e Dj Uncino. Nomi che gli appassionati del genere hip-hop non possono non ricordare. Quattro artisti partenopei storici, con radici lontane, ex componenti di gruppi  epici come i 13 Bastardi, che hanno creato la storia del genere rap a Napoli, quando questo tipo di musica era ancora un fenomeno di nicchia, “underground” e non un fenomeno di massa, come oggi. Ma i quattro, non ancora appagati da venti anni di carriera sulle spalle, con esperienze anche come solisti, decidono di reinventarsi, di ricrearsi, di evolversi: i Sangue Mostro nascono così. Dove il sangue allude palesemente a quello del miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro, messaggio di speranza e di magia per tutti i devoti. Un miracolo sia per i veri e propri fedeli, che per coloro che, semplicemente, vogliono crederci, inteso in una dimensione non meramente religiosa, ma piuttosto tradizionale e popolare.

“Il miracolo di San Gennaro è parte integrante della nostra cultura, ci crediamo in quanto napoletani, non in quanto cattolici o cristiani”, ci racconta Ekspo nel backstage del Palapartenope, in occasione della tappa napoletana del Mea Culpa Tour del collega Clementino. Li abbiamo conosciuti li i quattro pilastri del rap campano, vestiti con i loro felponi ed i “cazoni” larghi cascanti, completando il look da Mc con il tipico cappellino a visiera con su il proprio logo. Sembrano proprio i writer di una volta, quelli che con le bombolette “imbrattavano” di street-art i muri della città. Old School nell’anima, hanno l’aria saggia di chi ha vissuto e ne ha tante da raccontare, come di chi sa di essere il maestro, ma non per questo diventa meno umile o simpatico.

Ekspo, infatti, detto ‘O Tedesc, per gli amici Sandrone, scherza tutto il tempo con Speaker Cenzou dietro alle quinte, in attesa dell’esibizione sul palco. Canteranno, di li’ a breve, “Rinascimento”, il brano featuring la Iena, estratto dal loro recentissimo,“CuoRap”. Dodici mesi fa, avevano dichiarato: “Stamm’ arrivann!” e, dopo un anno di distanza, il disco, attesissimo da fans e cultori della materia, finalmente è uscito. Noi li abbiamo intervistati per voi.

E finalmente è CuoRap. Cosa rappresenta l’uscita dell’album in questo momento della vostra vita e dopo un lungo percorso artistico. I Sangue Mostro chi sono oggi?

In quest’album abbiamo voluto comunicare e riportare un messaggio che partisse dal cuore: il nostro batte per la musica rap. Quindi Cuorap. Dopo venti anni di carriera, in cui ognuno di noi ha percorso la propria strada con deviazioni diverse e, a volte, intersecate, volevamo descrivere oggi al meglio ciò che è stata la nostra crescita sia personale che artistica. Il disco è una sorta di rhyme-book fotografico, dove ogni fotogramma rappresenta un tassello della nostra vita. E’ un lavoro più maturo. Alterniamo le canzoni di puro “pariamento”, a quelle riflessive. Non c’è solo spensieratezza ma c’è anche la visione di persone ormai adulte che si pongono amari dubbi, domande. Lo abbiamo creato dando voce oltre che alla nostra anima, anche alla nostra città. Perciò, ci siamo espressi in napoletano, cioè nella maniera più naturale, viscerale ed a noi consona. Una dedica a Napoli, insomma.

Voi per Napoli siete i pionieri, i padri di un genere. E Napoli per i Sangue Mostro perché è motivo di dedica?

Perché è una città che si può anche lasciare, ma mai abbandonare. Anche se, ad esempio, per causa di forze maggiore, un domani si dovesse partire verso altri porti, alla ricerca dei famosi tre punti, possiamo metterci la mano sul fuoco che, dopo, sicuramente, faremmo ritorno qui a casa e con la vittoria in tasca. Napoli è la nostra terra è tutto e non potevamo non usarla come fonte di ispirazione per i brani di CuoRap.

Brani come 71, primo estratto da CuoRap, feat. Francesco Villani, ha per ispirazione Napoli?

A chi è rivolto questo numero della tradizionale smorfia napoletana, ragazzi? (ridono).  Per i lettori che non lo sapessero, il numero 71 nella smorfia napoletana rappresenta “l’omm ‘e merda”, cioè una persona senza scrupoli, meschina ed arrivista. Ed ora, per rispondere rigiriamo la domanda. Chi non ne conosce almeno uno di 71? Nel pezzo, analizziamo vari casi e menzioniamo i comportamenti, gli usi ed i costumi del perfetto “gentlemerd”. Non è rivolto a qualcuno in particolare. Diciamo che, come nel galateo del Monsignor Della Casa, questo brano elenca un po’ le regole dell’ineccepibile personaggio in questione, con la collaborazione del bravissimo Francesco Villani.

CuoRap è ricco di collaborazioni con artisti e colleghi rapper napoletani. Ritenete che l’hip hop campano rispecchi più la vera essenza del genere rispetto a quello italiano?”

Si, sul disco ci sono featuring con tantissimi amici e colleghi. Da Clementino, a ‘Ntò (ex Co’ Sang), da ‘O Zulù dei 99 Posse, a Valerio Jovine. In “Napoli pt.3”, poi, c’è buona parte della vecchia e nuova scuola della nostra città (nomi del calibro de La Famiglia o di Kimikon Twinz). In questo momento storico, a noi più che fare una distinzione tra Old e New School, ci piace molto più “classificare” ed identificarci in quella che è la vera scuola. E tutti gli ospiti presenti in “CuoRap” sanno di fare parte della “True School”. Detto questo, il concetto di True School non appartiene solo alla Campania. Dipende certamente da un fattore di appartenenza locale, ma è anche un’astrazione del tutto individuale, che caratterizza l’essere. Diciamo che, però, qui a Napoli c’è una lista lunghissima di mc bravi, vecchi e nuovi. La scena rap attuale partenopea è vivissima e c’è un perfetto intreccio tra le diverse generazioni. Commistione non sempre facile, ma che noi riusciamo a realizzare: perché facendo tesoro del passato, non ci limitiamo a quello, ma tendiamo sempre al futuro ed al nostro miglioramento.

Quindi, non preferite etichette come Old e New School, anche se il rap di oggi è accusato di diventare sempre più commerciale?

Ci piace pensare al panorama rap odierno come un grandissimo supermercato dove al suo interno puoi trovare varie marche nei diversi scaffali con i prodotti che più soddisfano ogni singolo ascoltatore. Ad esempio, puoi trovare una bottiglia di ottimo Lacryma Christi ed allo stesso tempo un Tavernello in tetra pak… Dobbiamo aggiungere altro?

Scoppiano a ridere sonoramente, lasciando questo quesito nella mente dei lettori. Nell’immaginario Market del Rap i Sangue Mostro si identificheranno con l’eccellente bottiglia di Lacryma Christi del Vesuvio? Noi, riconoscendo il primato dell’hip hop campano, diciamo di sì… A voi non resta che ascoltare CuoRap!

Eugenia Conti