Intervista con F.U.L.A./ Dal Senegal un esempio di resilienza che ci insegna il valore del multiculturalismo

Classe 1993, F.U.L.A., al secolo Oumar Sall, è un italo-senegalese, ultimo di 12 figli. Arriva in Italia a sette mesi con la madre, fuggendo dalla propria patria. Cresce in Calabria, diviso tra la famiglia affidataria e la madre biologica Fatima. Multiformità e Multiculturalismo rappresentano i concetti integranti della sua evoluzione umana e musicale: dalle radici della musica africana agli intenti dei vari cultori Blues, Soul, Reggae, Rap, Jazz, Pop e Rock.“La mia Africa richiama gli aspetti rudimentali della vita, i sentimenti primi e immutabili dell’essere umano, come la gioia e la nostalgia”, dichiara.

Oumar racconta il suo vissuto traducendolo in tematiche oggettive nelle quali ognuno possa riconoscersi e rispecchiarsi. “Nelle mie canzoni si ritrovano spensieratezza consapevole e voglia di rivalsa perenne”, ci spiega.
F.u.l.a. può essere collocato in un ampio movimento culturale ed artistico come quello dell’Afro-Punk. Fra le varie esperienze, ha partecipato all’attivismo nelle università italiane con il “Festival delle Generazioni” ed al programma TV “Siamo Noi” su TV 200 per lo “Ius Soli” nel 2019. Nel 2020 Oumar firma un contratto discografico con l’indie label “La Pop”. Inoltre, prende parte al progetto di crew “Equipe 54” collaborando con alcuni artisti come Tommy Kuti, Yank Real e Slim Gong. 3 mesi fa è uscito il suo singolo ufficiale “Maldafrica”, che ha riscosso un ottimo feedback online.

Lo abbiamo intervistato per voi…

 

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TRA SOGNO E REALTA’ / Intervista con BOB MARLEY in occasione dei suoi 73 anni

Oggi avrebbe compiuto 73 anni. (Nine Mile, 6 febbraio 1945 – Miami, 11 maggio 1981).

Robert Nesta Marley, per tutto il Mondo noto come Bob, non è solo il pioniere del reggae che resterà 36enne per sempre o il jamaicano rasta più famoso del Globo che aveva per padre un soldato inglese che abbandonò lui e sua mamma sull’Isola. Il rivoluzionario Bob e’ molto di più. E’ la fonte inesauribile di ispirazione per generazioni e generazioni di tutto il Mondo. Se ci avviciniamo ad un nostro genitore canticchiando “One Love, one Earth” loro risponderanno in maniera automatica “Let’s get together and feel all right”, così come se lo facessimo con i nostri figli.

Un’icona planetaria capace di essere compreso da tutti grazie al linguaggio universale che utilizzava : quello dell’amore. Insegnava al prossimo ad amare, indistintamente. A prescindere dal colore della pelle o dallo status sociale. Un’utopista, un lottatore, una guida spirituale. Amante dei diritti umani avrebbe dato la sua vita in difesa degli stessi. Per lui la musica non costituiva un business o un mero intrattenimento, ma una risposta al Sistema consumistico. Il denaro era un mezzo che rendeva schiavi gli esseri umani. Mentre diffondere il messaggio di Jah Rastafari, diffondere amore, pace, unità era la sua missione esistenziale. Ci invitava ad unirci nel nome del bene, dell’antirazzismo, a guardare oltre ogni singolo pregiudizio. Questa notte finalmente l’ho conosciuto nei miei sogni ed ho visto avversarsi il mio più grande desiderio : intervistare proprio lui, Bob Marley in persona. Finanche l’istituzione giornalistica inglese del reggae David Rodigan scrive nella sua biografia ‘My life in reggae’ che fu uno choc, ovviamente positivo, conoscere improvvisamente il suo idolo Bob Marley a Londra ed ancora di più ritrovarsi ad intervistarlo e a lanciare casualmente una sua nuova canzone in esclusiva mondiale su Radio Capital. Un impatto ingestibile per la propria emotività, ma che riuscì a superare grazie all’intraprendenza. ‘Ram Jam’ Rodigan racconta che in quell’occasione era nervoso ed impacciato, proprio come un fan dinnanzi al suo beniamino, mentre Bob dal canto suo gli rispondeva in patois giamaicano con la tranquillità e la pace interiore che lo contraddistinguevano. Nel mio sogno lo stato d’animo era lo stesso del Sir “Gentleman RudeBoy”.

Dopo un concerto di Damian Marley, il più giovane dei suoi eredi, scendevo nel camerino convinta di intervistare Jr Gong, ma con immenso stupore trovavo di fronte a me proprio il grande precursore. Illuminato dalla luce foca di una lampada e seduto su una grande poltrona mi diceva “What’s up Lady?” facendomi segno con la mano di avvicinarmi. Io ancora incredula e con le gambe che tremavano all’impazzata mi avvicinavo alla ‘divinità’ con il registratore e la cartellina, sentendomi inadeguata e ridicola con quelli oggetti tra le mani. Mi accomodavo su una poltroncina al suo fianco e ci scambiavamo un sorriso per rompere il ghiaccio. Non avevo nemmeno le domande pronte, ne’ uno schema dell’intervista ed ero fortemente imbarazzata. Dove erano gli altri musicisti, il manager, i promoters ed il video maker per riprendere ? Tutti spariti. Ero in un’altra dimensione ? Non lo sapevo più a questo punto ma il microfono Zoom era l’unico supporto che avevo a disposizione in quel momento per registrare questa testimonianza irripetibile. Premetti il tasto play, con i brividi che mi percorrevano il corpo. Poi con un filo di voce balbettante, improvvisai la prima domanda.

Hmmm… Parli sempre di amore nelle tue canzoni. Come dobbiamo imparare ad approcciarci a questa forza superiore senza lasciarci sopraffare a volte dai sentimenti negativi?

“Si sbaglia sempre. Si sbaglia per rabbia, per amore, per gelosia. Si sbaglia per imparare. Imparare a non ripetere certi errori. Si sbaglia per poter chiedere scusa, per poter ammettere di aver sbagliato. Si sbaglia per crescere e maturare. Si sbaglia perché non si e’ perfetti”.

Ed e’ sbagliato credere nei nostri sogni con tutte le nostre forze, anche quando sembrano più grandi di noi o irrealizzabili ?

“Chi ha paura di sognare e’ destinato a morire”

Tu sei un grande sognatore e perciò rimani immortale nella memoria di tutti noi e delle generazioni a seguire. Il Mondo di oggi si e’ trasformato in un impero del male. Da utopista quale sei quando pensi che finirà la guerra?

“Fino a quando il colore della pelle sarà più importante del colore degli occhi ci sarà sempre guerra”.

Le discriminazioni razziali continuano tutt’oggi. Come si può combattere questo fenomeno che affligge l’umanità ?

“Ricorda. Meglio morire combattendo per la libertà che morire da schiavi. Emancipate voi stessi dalla schiavitù mentale”.

Come ?

“Alla fine è semplice : il bene, il male, la lotta di chi soffre, la paura di chi e’ solo come un cane per strada. La vita e’ un gioco d’azzardo. Se perdi aspetta con calma la tua occasione, ma non smarrire la bussola. E soprattutto non farti corrompere.”

Cosa pensi della politica ? Tutti corrotti ?

La politica non mi interessa, e’ affare del demonio. I politici giocano con la testa delle persone.

La musica invece e’ tutto il contrario…

La musica e’ bella perché anche quando ti colpisce non senti dolore. La mia musica vivrà in eterno. Forse e’ stupido dirlo ma quando sono sicuro del fatto mio, lo dico. Vivrá per sempre.

Se non fossi stato un cantante in che ruolo ti saresti visto…

In quello di un calciatore o di un rivoluzionario.

Ma tu sei già un rivoluzionario, un’icona, una legenda. Non ti rendi conto che rivoluzione hai creato con la musica reggae? Influenzi la vita di milioni di persone ogni singolo giorno.

La musica reggae e’ una forma di lotta e lo diventerà sempre di più. Ti chiedo solo di non cercare di capirla in qualche giorno, in qualche mese, in qualche anno. Lascia che cresca dentro di te lentamente come un bambino. O come una pianta nella profondità della terra.

Perché una pianta come la marijuana terapeutica e’ considerata come qualcosa di illegale oggi e gli psicofarmaci delle case farmaceutiche che spingono le persone al suicidio no?

L’erba e’ illegale? Ma se e’ un dono della natura… Quindi volete dirmi che anche Dio e’ illegale? Non tacciatemi come anti-sistemico. Non sono io ad essere contro il Sistema, ma e’ il Sistema che e’ contro di me.

Eugenia Conti 

ADDIO PINO DANIELE / Clementino dedica un brano rap al suo maestro su Youtube

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A caldo aveva scritto sulla sua pagina Fb: “Maestro mio, porterò con me i preziosi consigli che mi hai dato , terrò custodito con cura quel regalo che mi hai fatto così le parole delle tue canzoni saranno trasmesse da generazione in generazione ancora di più …  Nel tuo ultimo concerto a Napoli io ero con te sul palco , ero nell’ultima canzone in scaletta ,e ti ho accompagnato io dal palco ai camerini, l’ultima volta che sei sceso dal palco a Napoli l’hai fatto con me …. Non lo dimenticherò mai più.

Non dimenticherò quella volta che sono entrato nel tuo camerino e tu stavi provando con la chitarra la mia canzone “o’vient” e mi dicevi : “Disgraziato questa canzone è bellissima!”. Terrò vivo il tuo ricordo nella mia musica…per sempre…promesso! Ora riposa in pace Zio Pino ! By quel “disgraziato mascalzone” come mi chiamavi tu”.

Ma poi Clementino non ce l’ha fatta a non dedicare a Pino Daniele un rap. Una canzone dal testo profondo e commovente nata in poche ore e che su tube ha raggiunto in poche ore 300mila visualizzazioni. Nell’impeto dell’emozione e del dolore il rapper ha aperto il suo cuore commuovendo tutti, ma soprattutto trasmettendo il forte messaggio che la musica di Pino si continuerà a tramandare di generazione in generazione soprattutto grazie agli allievi del Blues Man tra cui egli si annovera in primis. Un vero e proprio addio in strofe: un ultimo ringraziamento a chi l’ha tanto aiutato e un ultimo saluto a un personaggio importantissimo della sua Napoli, paragonabile a Troisi, Totò e De Filippo, che fisicamente va via per sempre. Ma come nell’animo di ogni napoletano anche in quello della Iena c’è la ferma convinzione che Pino sarà sempre vivo nei cuori di tutti e presente in ogni angolo, suono e colore della città.

 

Qui di seguito riportiamo il testo, ovviamente in napoletano.

Ti vec si guardo ‘o mare
si nu ricordo ca rimane pe sempre
pecché si Napule
t’ piens si guardo o cielo
si nu ricordo ca rimane p’ semp
E mo Pinù nun c’ stai cchiù
t sent rint e testi re canzoni

rint e “vers” ca faciv tu
p’ Napoli e po sud, p’ l’italia
e tutto o munn a me me piace o blues
e raccontat over
che r’è la terra mi
una “tazzulella” e stu caffè e passa appucundrìa
ca sigaretta acopp e quanno chiove è ‘na magia
anema e core e cu a chitarra a fatt a sti poesie
“je so pazz e non me scassat o’cazz”
mo s’arrevota ‘o rione e tutti abbasc’ o palazzo
salutami a Totò, a Massimo e pure a Eduardo
t’ penso ind a sti note si m sento “quando quando”
Napoli è na carta sporca, Napoli è mille culure
e c’e lassàt ind a sti vic nir c’a paur
e si “ogni scarrafone è bell a mamma soia” sicuro
allora ‘a voce e sti criature resta ‘o futuro

Ti vec si guardo ‘o mare

si nu ricordo ca rimane pe sempre

pecché si Napule
t’ piens si guardo o cielo
si nu ricordo ca rimane p’ semp

t’ piens si guardo o cielo
si nu ricordo ca rimane p’ semp
Vir Comm s’ cagn over,

Gesù, Gesù non te ne accorgi più, guagliò

Ti vec si guardo ‘o mare

si nu ricordo ca rimane pe sempre

pecché si Napule

Io dubbi più non ho fra’ che Dio ti benedica
che male c’è se adesso ‘sta canzone è la mia amica
un deserto di parole, non calpesto i fiori
vuless’ essere aller cu spiniello ca fori
chi tene o mare cammina a vocca salata ‘o sai
che simm “neri a metà”, “yes i know my way”
i sto vicino a te ma tu resta cu’ me
e guardo dai balconi di Napoli si è morto u rre
stanotte è sonato o telefono e ‘a notizia eccir
i stev int all’albergo scetàt senza rummì
m’e lasciat ‘mmocc l’amaro e chi nun pò fuji’
sacc’ ca si fiero ‘e me e mo m’aggia fa sentì
‘o nomm toj rimarrà impresso int’ a sti vie
int a sti cap, int a sti disch ra canzone mi’
Grazie per i consigli mi danno coraggio
voglio dire solo “Zio Pino” ora fai buon viaggio.

Ti vec si guardo ‘o mare

si nu ricordo ca rimane pe sempre

pecché si Napule
t’ piens si guardo o cielo
si nu ricordo ca rimane p’ semp

t’ piens si guardo o cielo
si nu ricordo ca rimane p’ semp
Vir Comm s’ cagn over,

Gesù, Gesù non te ne accorgi più, guagliò

Ti vec si guardo ‘o mare

si nu ricordo ca rimane pe sempre

pecché si Napule

Porterò con me i preziosi consigli che mi hai dato
e terrò custodito con cura quel regalo che mi hai fatto
così le parole delle tue canzoni
saranno trasmesse di generazione in generazione ancora di più
terrò vivo il tuo ricordo nella mia musica per sempre, promesso
ora riposa in pace Zio Pino
by Quel disgraziato mascalzone
come mi chiamavi tu..”

 

NANDU POPU PROF PER UN GIORNO / Incontro con gli studenti del Liceo di Cisternino

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Essere un cantante dovrebbe significare trasmettere messaggi forti alla gente attraverso quel canale privilegiato che è appunto la musica. Nandu Popu dei Sud Sound System ne è il modello. Da sempre, infatti, canta l’amore per la sua terra, insieme a Don Rico e Terron Fabio. Stesso amore che l’ha portato a cimentarsi nelle vesti di scrittore ed a scrivere il suo primo libro, “Salento fuoco e fumo”. Per lui, affrontare le problematiche della sua terra è una vera e propria mission di vita.

Così, dopo l’uscita del libro “Salento fuoco e fumo”, avvenuta lo scorso anno, Popu ha deciso di presentarlo anche nelle scuole per divulgare le verità in esso contenute, spesso sconosciute agli studenti: inquinamento, ecomafie, emigrazione, perché per i Sud Sound System sono proprio loro, i giovani l’unica possibilità di rivoluzione.  È questo il primo punto illustrato da Nandu Popu, (introdotto simpaticamente dal suo speciale fan numero 1 Francesco Di Carolo, per tutti Caymano, nella conferenza tenutasi ieri mattina a Cisternino (BR), presso il Liceo Polivalente “Don Quirico Punzi”.

Nandu si rivolge ai ragazzi dicendo di “uccidere”, freudianamente parlando, i genitori. È necessario scardinare mentalità e luoghi comuni, scoprire le verità che ci hanno portato a questo stato di cose, fare meglio delle precedenti generazioni.

Due sono le storie che racconta ai ragazzi, tutti attentissimi e interessati. La prima è quella del salentino Mattia, figlio di ricchi borghesotti, con un papà da sempre in politica in un partito del centro sinistra. Questo ragazzo, dopo aver scoperto tutte le irregolarità commesse dal padre ed inorridito da quel benessere economico familiare ottenuto attraverso il furto di denaro pubblico, decide di ripartire da zero. Si trasferisce in Svizzera e si impiega come lavapiatti, rinunciando così ad una vita di agi assicurati, ma felice della sua integrità morale.

La seconda storia é, invece, quella del figlio di un proletario di una fabbrica pugliese. Il padre, in punto di morte, a causa di un cancro epatico, toccato a quasi tutti gli operai di quello stesso stabilimento, dice al figlio che, come eredità, intende lasciargli il suo posto di lavoro. Quest’ultimo rifiuta sconvolto e decide di emigrare, lontano dagli affetti, dal resto della famiglia, ma anche lontano da una sorte certa: la stessa del padre.

“Oggi qualcosa sta cambiando. C’è voglia di riscatto, di ribellione, desiderio di non essere schiavi dello stesso padrone – afferma Nandu – Bisogna unire le forze per riprenderci la nostra terra.”

Da qui il discorso si sposta sulla storia. Il Sud da 150 anni a questa parte è una colonia del Nord e come se non bastasse è stata inculcata nelle menti di molti meridionali la falsa teoria della superiorità dei settentrionali. Una bugia ripetuta per un secolo e mezzo, a cui in molti hanno creduto.

L’invito di Nandu è di  ripensare alle nostre origini, alle “radici ca tenimu”.

Il ragionamento cade su Taranto, “già grande colonia della Magna Grecia, terra di fiorente cultura, ricca di storia. Ed oggi? Ne parliamo solo per l’Ilva, per l’inquinamento. L’antico splendore della città è stato tramutato in orrore. Taranto, oggi, è lo scenario di un genocidio. Si conta un malato di tumore ogni 18 abitanti, il 65% delle donne è infertile e c’è un tasso di mortalità infantile altissima”.

In aula è commozione generale. Ma c’è tempo per un ultimo racconto, quello sull’associazione tarantina “Ammazza che piazza”, che, tra le sue iniziative, organizza flash-mob. I ragazzi, giovanissimi, armati di zappe e sementi, piantano fiori per la città, con lo scopo di sconfiggere il brutto attraverso il bello. 

Infine un elenco delle sue battaglie, con i No al Carbone di Brindisi, con i No Tap e appena un riferimento all’ambito musicale, ma analizzato sempre in una chiave storica.

I Sud Sound System nascono tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni’90: “La musica – spiega Nandu – in quel momento era per alcuni anche una via di fuga dal boom dell’eroina. All’epoca, quella droga era un vero fenomeno di massa, uccideva ripetutamente ed era difficile riuscire a sottarsene. Noi sentivamo l’esigenza di sperimentare qualcosa di nuovo, di creare un genere diverso. Così avviene l’incontro tra la jamaican reggae music e la Taranta”. 

Ma quale è la vera origine della Taranta? Nandu ci permette di scoprirlo. “Le tarantate erano donne salentine che, nel ‘600, andavano a lavorare in campagna. Li nei campi, erano, spesso, costrette a subire le violenze sessuali del loro padrone, vittime di una società in cui costituivano l’anello debole della catena, buone solo a riprodursi. Quindi, venivano stuprate brutalmente e non potevano neanche gridare la loro disperazione ad alcuno. Affogate totalmente e silenziosamente nel proprio dolore, avevano un’unica valvola di sfogo: la danza. E così nasce quella ballata convulsiva e tormentata”.

Una mattinata diversa per i ragazzi del liceo di Cisternino che si conclude con un augurio di Nandu per tutti gli alunni: “Siete voi la speranza per il futuro. Informatevi, leggete la cronaca, denunciate. Cercate di non abbandonare la vostra terra, ma di trovare il modo per sfruttarla e valorizzarla. Risvegliate le coscienze!”

Eugenia Conti