VIDEO INTERVIEW WITH NTO’ : “La mia storia dai CoSang ad oggi”

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Da tantissimi anni sulla scena hip hop nazionale il rapper Ntò (Antonio Riccardi) ha cominciato ad emergere più di 15 anni fa partendo dal basso, precisamente dal suo quartiere d’appartenenza nell’area Nord di Napoli: Marianella e in cui attualmente vive. “Int o rione” ci è rimasto sempre e comunque, nonostante la fama. Quando non c’era ancora il fenomeno virale del web e dei social networks per farsi conoscere era fondamentale partecipare alle varie jam session che raramente organizzavano sul territorio. Per il resto il rap si faceva “miez a via”. Guardando la realtà grigia e le crude scene quotidiane della periferia nascevano poesie di strada in versi fino a diventare col suo amico e collega di quartiere Luche un manifesto del genere a Napoli: i CoSang. Lo scioglimento del famoso duo ha causato le lacrime di tantissimi fans che ancora adesso sperano senza arrendersi in un riavvicinamento e in un ritorno di scena.

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(CoSang a Marianella)

Pionieri di quello che è stato definito il gangsta rap partenopeo, i CoSang avevano il merito soprattutto di aver creato un proprio slang che spopolava in città e uno stile che negli anni a seguire è stato ripreso da molti giovani che si sono avvicinati viralmente al rap. Nell’intervista l’artista si racconta a 360 gradi ai microfoni di Gege Vibes.

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(Ntò con la nostra intervistatrice)

 

Ntò ci descrive la sua storia partendo dalle origini: da quando era ancora un ragazzino e lo zio Enzo Avitabile gli insegnava il significato delle parole amore e dedizione per la musica fino ad arrivare ai CoSang e terminando con la sua carriera solista di oggi che lo vede anche in veste di producer per la sua area di riferimento Stirpe Nova. Ad affiancarci in quest’esperienza alla regia ci sono state le abili mani di Insane Prod.

 

Intervista : Eugenia Conti

Riprese : Daniele Moretti

Montaggio : Emanuele Visciglio

Make up : Mary Cimmino (Kost Make Up – Villaricca)

Outfit : Vans (Parkour di Sama Lo – Fasano)

Special thanks to : Dako Italy – Live & Survive (Aradeo LE) – Funky Cafè (Bitonto BA) – Get Up Music

RECORD REVIEW / MEA CULPA – Clementino (2013)

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“Mea Culpa” è il terzo disco solista dell’artista datato maggio 2013. Ovvio che dai tempi di Napoli Manicomio e del Cazone Largo, non solo l’abbigliamento, ma anche lo stato di cose siano cambiati un po’.

Clementino è cresciuto, ha avuto l’incontro con situazioni e dinamiche diverse che l’hanno portato a scrivere i versi di Mea Culpa. Con questo lavoro va più incontro al grande pubblico, contamina il rap underground con ritornelli più melodici, ma senza mai snaturarsi.

L’album che vanta collaborazioni e produzioni d’eccezione si apre da subito sul beat di Fritz Da Cat con Amsterdam, racconto personale dell’mc in cui viene fuori l’importanza del rap in questi tempi duri e la necessità di dover scrivere sempre come valvola di sfogo.

E’ il turno di ‘O vient, grande hit della scorsa estate, cantata a squarciagola dal più piccoli ai più grandi. Ma in quanti hanno recepito il vero senso del testo? Clemente ripercorre la storia e trova in quest’ultima la causa dell’emigrazione da Sud a Nord.

Una canzone in cui il rapper diventa brigante e si esprime senza filtri e remore. Tema dell’emigrazione richiamato anche nella traccia numero 4 “Aquila reale”. Accanto a tematiche più impegnative, considerando la solarità del nostro artista nascono anche i pezzi più a “pariamento” come “Che hit” o “Alto livello”, che diventano suoi cavalli di battaglia durante i live, interpretandoli con la teatralità che lo contraddistingue, permettendogli di dominare il palco come gladiatore dentro un’arena.

Anche Giovanni Falcone e Peppino Impastato trovano il loro posto all’interno del cd nella traccia”Mea Culpa” feat. Meg, bellissima ex voce femminile dei 99 Posse, che da il nome all’intero album. Clementino parla col suo linguaggio hip hop di fatti così delicati senza però risultare mai retorico, come è dimostrato in un altro brano: “Pianoforte a vela”, dedicato alle vittime della camorra. Qui racconta tre agguatii realmente avvenuti nelle strade di Napoli e a cui egli stesso ha assistito in prima persona.

La base con quelle note di pianoforte in lontananza, le parole cruente e forti che si susseguono una dietro l’altra e che ti aprono un sipario su quelle realtà, per me lo rendono uno dei brani più belli. Sipario aperto su certi scenari anche nel brano “Dalle Palazzine”, la cui ratio è quella di far rendere conto che tutte le periferie sono uguali ed hanno proprie problematiche, da Scampia a Quartoggiaro.

E qui non potevano mancare colleghi come Ntò, ex Cosang, from Marianella (periferia di Napoli) o Marracash from Barona (periferia di Milano). Gli ospiti sono tanti comunque: da Paura a Noyz Narcos, da Fibra a Rocco Hunt, Jovanotti e Negrita. Fratello (feat.Jovanotti) e Buenos Aires-Napoli (feat. Negrita) dimostrano che il rap può essere versatile e che le citazioni col parlato possono essere la base ideale per creare una nuova canzone. Giungla, col fratellino Rocco Hunt, racconta poi della loro musica. “Tra mille tradizioni, Clementino, Rocco Hunt, sona hardcore a musica terrona”. Il gran finale per me c’è nella Bonus Track del disco: “Messaggeri del Vesuvio”, sul cui beat rappa una buona fetta della scena campana, compresi i nomi più storici. Speaker Cenzou, Ale Zin, Ekspo, ShaOne, Polo.

Quelli che una volta venivano chiamati La Famiglia o 13 bastardi e senza i quali oggi nella città partenopea non ci sarebbe neanche un graffito, un ragazzo col cappellino da mc ed una battle di freestyle. Ciò che trapela è forte: Clemente per quanto sia potente ormai a livello nazionale non dimentica le sue origini. Sa di essere bravo in italiano, ineguagliabile in napoletano. Si considera un messaggero del Vesuvio, un pò come quelli della Dopa del primo Neffa.

Eugenia Conti

 

INTERVIEW WITH NTO / "Vi presento il mio nuovo cd Numero 9 insieme alla Stirpe Nova"

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Abbiamo incontrato Ntò, l’ex voce dei Cosang, durante l’instore del suo ultimo disco “Numero 9″ alla Feltrinelli di Piazza Garibaldi a Napoli. A firmare le copie insieme a Ntó tutta la Stirpe Nova: nuova area di riferimento dell’mc nata per evidenziare i nuovi talenti della città, primi tra tutti il rapper Palù e i beatmaker Ntà La Lince e Dj Klohn ad affiancarlo. Per l’occasione la Feltrinelli pullula di ragazzi a dimostrare quanto l’hip hop campano sia una cultura ormai sempre più radicata, ma non mancano le persone più adulte amanti del genere. Così come partecipano i colleghi di musica tra cui Lucariello, ex Almamegretta, presente nel brano “Nuje vulimme ‘na speranza”. All’epoca dei CoSang sappiamo tutti che è stato fautore di una rivoluzione musicale, ha dato vita alla True School napoletana dove per la prima volta sono state raccontate verità sui quartieri disagiati attraverso il genere gangsta-rap. Oggi c’è il suo secondo esordio da solista. L’abbiamo intervistato per voi.

Come nasce la Stirpe Nova e questo nuovo progetto discografico?

Questo disco rappresenta l’evoluzione personale, a seguito del mio disco solista “Il coraggio impossibile”, uscito l’anno scorso, così come l’evoluzione di un’etichetta e di una crew. Dopo tanti anni di carriera, Stirpe Nova nasce per offrire l’occasione di esprimersi ai ragazzi meritevoli della mia città e per dare vita a un simbolo sotto il quale poter anche raccogliere le mie produzioni un domani che smetterò di rappare. Stirpe Nova parte come una sorta di etichetta indipendente per poi diventare un vero e proprio collettivo. Infatti nell’ultima traccia del cd “Campo pe non murì” insieme a Valerio Jovine e Palù ho cercato di inserire per collaborarvi tutti i nuovi talenti giovanissimi del territorio: Austin Prior, Peppe il Pollo, Simone Marsicano, Revo e 4/20.

Perché Numero 9 e cosa racconta al suo interno?

Numero 9 perché richiama una mia rima contenuta nel brano “Fuje tanno” dei CoSang in cui dicevo: “Scarpe nuove, barbe lunghe”. In questo lavoro ho invertito la rima in: “Barbe lunghe, scarpe nuove, numero 9″, che corrisponde al 43, numero di calzature sia mio che di Palù. Si può dire che Palù è il primo prodotto della Stirpe Nova, questa mia etichetta che ho lanciato. “Numero 9″ è interamente in napoletano perché sono voluto tornare un po’ alle origini e ho deciso di unire al suo interno i lavori e le collaborazioni di tanti artisti made in Campania. L’unica voce non napoletana presente nel cd è quella del rapper Guè Pequeno di Milano. In “Numero 9″ ho ritrovato Lucariello, un mio caro amico col quale abbiamo iniziato. A differenza de “Il coraggio impossibile” nel quale ero più introspettivo, in questo disco si alternano tematiche più easy, a quelle sociali stile CoSang. Torniamo di nuovo ad analizzare la società perché per un napoletano è impossibile non farlo, ma in maniera stavolta più leggera. E’ un disco che sento mio, ma allo stesso tempo anche degli altri che mi hanno affiancato e per molti dei quali costituisce il primo esordio discografico, come nel caso di Palù o di altri ragazzi sedicenni o diciassettenni tipo Peppe il Pollo. Però, c’è anche Speaker Cenzou dei Sangue Mostro nella traccia “Chi Trase, chi jesce”, feat. El Koyote. Quindi, se vogliamo sono racchiuse tre generazioni di rap che si fondono in una bella commistione.

Quanto è cambiato ‘Ntò dai tempi dei CoSang? Ci potrà essere in futuro un ritorno del gruppo?

Sono cambiato perchè mi sono evoluto. Quando siamo usciti con i CoSang le nostre liriche avevano una direzione precisa: raccontare le storie del nostro quartiere. Oggi avendo fatto tante esperienze sono cresciuto, da ragazzo sono diventato uomo e sento che attraverso la mia arte posso affrontare svariate tematiche differenti, non solo temi violenti. Ad esempio nel precedente lavoro da solista mi sono messo alla prova rappando anche in italiano, non smettendo mai di scrivere nel mio dialetto però, per poi tornare oggi esclusivamente al napoletano che è inscindibile da me. Tornando ai CoSang non ho assolutamente nulla contro Luchè tanto è che ho pubblicato anche il suo ultimo pezzo sulla mia official page per mettere a tacere il pubblico meno sano e più malizioso. La vita ci ha portato a dividerci e a prendere strade diverse dato che Luca si è trasferito in Inghilterra. Non ci deve essere speculazione su questa divisione. Spero in un ritorno dei CoSang, ma non deve essere una trovata commerciale. Ci dovremmo rincontrare, ritrovarci artisticamente e vivere di nuovo qualcosa insieme di forte per poter lasciare al pubblico ancora una volta qualcosa di unico.

A differenza di tanti tuoi colleghi non hai mai lasciato Marianella, la tua periferia. Come mai questa scelta?

Confesso che quattro anni fa avevo in mente una certa mobilità, ma avendo perso mio padre in quel periodo ho deciso di rimanere qui. Non sono troppo legato al fato, ma credo nell’elemento casuale variabile e ci sono state delle cause che mi hanno ulteriormente tenuto attaccato alla mia città. Sicuramente ho viaggiato molto e ho trovato ispirazione anche fuori, ma vivere lontano da Napoli non mi è mai piaciuto. Marianella è la mia casa e Napoli altrettanto. Qui c’è la mia vera famiglia, ci sono i luoghi nei quali sono cresciuto e non riuscirei mai a stabilirmi del tutto in un altro posto perchè la mia periferia è inscindibile da me e dalla mia arte. Per avere una vita e una famiglia sceglierei sempre Napoli. Ho profonda stima di quello che i napoletani portano dentro, nonostante i media facciano di tutto per far apparire solo il peggio di questo bellissimo popolo. Sono triste. Lo Stato non fa che mettere i cittadini contro altri cittadini, in questo caso i napoletani e si nasconde dietro gli stadi.

Come mai allora hai deciso di cantare la sigla finale di “Gomorra la serie” criticata da tanti proprio perchè appare un’ennesima manifestazione di sputtanamento nei confronti di un quartiere?

Anni fa con i CoSang scrivemmo un pezzo “Mumento d’onestà”. Il mio pensiero da allora non cambia. Per me l’onesta deve essere quella verso il racconto di determinate vicende e luoghi. Se abbiamo dato il nostro contributo a questa serie è stato perchè Sollima è un regista che fa un lavoro dal vero e si è sempre esposto. “Romanzo criminale” ad esempio è stato l’unico format in Italia ad essere comprato dagli americani per essere rifatto negli Stati Uniti, evento che non accadeva da 50 anni. Noi abbiamo vissuto veramente quelle realta, purtroppo ho visto morire tante persone che conoscevo e nei brani c’è ancora la verità e tutta la nostra denuncia. E ascoltassero il testo di “Nuje vulimm’na speranza” prima di criticare.

Eugenia Conti

INTERVIEW WITH ENZO AVITABILE / "Ai giovani consiglio solo di seguire l'ispirazione"

Budapest, HUNGARY: Saxsophonist-singer from Naples Enzo Avitabile (R) of Italy presents his programme with his band and the most prestigious percussion rythm band of the area, the 'Bottari di Portico' on the 'World Music' stage at the Island Festival on Hajogyar Island of Budapest late 11 Augustus 2006. The annual Sziget Festival in Hungary, held from 09 to 16 August, will beat all previous records, according to the organisers of the eastern European country's biggest music festival. With 550 concerts on 66 stages over seven days, featuring everything from pop to gypsy music, the 14th Sziget Festival is expecting some 400,000 music lovers to converge on an island in the middle of the Danube river, in the heart of Budapest. AFP PHOTO / ATTILA KISBENEDEK (Photo credit should read ATTILA KISBENEDEK/AFP/Getty Images)

Era il 1986 e lui invitava tutti, nel suo omonimo primo album, a salire sul “soul express”, treno dell’anima e della sua musica, quella che dagli anni ’80 avrebbe segnato una delle pagine più importanti della storia della canzone napoletana.

Oggi è il 2014, sono passati quasi 30 anni, ma il maestro Enzo Avitabile, nonostante la sua fama oseremmo dire mondiale, continua a vivere nella sua Marianella, nell’area Nord di Napoli, nella semplicità e a stretto contatto con la sua gente.

Lo abbiamo raggiunto proprio in periferia, nella sede della sua associazione e studio di registrazione, atmosfera tra blues e jazz: inevitabile, dunque, entrare in un’altra dimensione, quasi in un’altra epoca.

Sulle pareti le foto in bianco e nero di Avitabile in compagnia dei più grandi nomi internazionali, da Tina Turner, a James Brown, parlano di momenti magici della storia della musica. La chiacchierata la facciamo con un microfono, davanti ai ragazzi dell’associazione. Così, con nelle orecchie “Napoli Napoli Napoli” dei 99 posse e “A’Verità” di Rocco Hunt – brani che vedono entrambi la partecipazione di Avitabile – ci sembra importante cominciare proprio dalla storia. Soul express.

Enzo, tra gli artisti di oggi chi porteresti su quel magico treno del soul?

Tutti. La non discriminazione è una cosa fondamentale. Posso suonare e cantare con qualunque artista, ma ad una sola condizione: ci deve essere un’ispirazione tra di noi, un’intesa che ci possa unire su questo treno dell’anima.

Una lunga ispirazione o intesa l’hai avuta con Pino Daniele. Quanto è stata importante per te la collaborazione artistica con lui e il gruppo di allora?

Non si è trattato di una semplice collaborazione artistica: in quel caso abbiamo creato insieme qualcosa. Collaborazioni artistiche importanti sono state quelle con gli Afrika Bambataa o con James Brown, ma con i miei fratelli è stato importante proprio lo stare insieme per generare la nostra musica. Negli anni ’80, volevamo sostituire una melodia tradizionale ed un dialetto stereotipato con un dialetto che oggi definirei d’effetto, uno slang nostro. In questa continua ricerca e lavoro, siamo sempre rimasti vicino alle periferie. Si pensi che nel 1982 portammo gli Afrika Bambataa a Scampia. Questo era il messaggio che volevamo dare io, Pino e gli altri fratelli e che abbiamo cercato di tramandare. Dopo di noi, a suonare secondo queste logiche ci sono stati gli Almamegretta ed i 99 Posse, poi siamo tornati in scena, c’è stato il turno dei CoSang e di nuovo io… Ma l’importante non è il momento, l’anno, ma il ciclo musicale e la tradizioni a cui si è dato vita.

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Recentemente hai collaborato al vecchio/nuovo album dei 99 posse. Come nasce e perché questo featuring?

Ho voluto partecipare al disco perché tra di noi, appunto, c’è un’ispirazione,  a parte un’eterna amicizia. Mi piaceva rivivere “Napoli, Napoli, Napoli”, con un intervento musicale, una sorta di finto inciso, che fosse quasi un taglio nella tela. Volevo testimoniare che Napoli esiste ancora. Esiste nella parte periferica, nella parte nascosta, dalle case popolari, a Marianella, Ponticelli, San Giovanni. Quello che raccontó ‘O Zulù è ancora vera, è vita vissuta. Oggi, però, la periferia è cambiata ed è diventata città. Anzi, di più.

Trovi Napoli  molto cambiata da quando hai cominciato il tuo percorso artistico?

È cambiata perché c’è una periferia da Est ad Ovest, un asse, dalle grandi risorse artistiche, che hanno reso Napoli più grande. Parlo di quella parte che un tempo era fuori le mura della città e che, da sempre, è stato un faro illuminante per la produzione di musica. Questa zona qui ha avuto innanzitutto Alfonso Maria De’ Liguori, Sant’Alfonso, inventore della musica sacra popolare. Musica che dalla liturgia, diveniva popolare grazie all’utilizzo del dialetto. Poi, posso fare nomi emblematici come gli Showman e Pino Daniele. Per quanto mi riguarda resterò sempre tra Marianella, Piscinola e Miano.

Sei molto legato al tuo essere napoletano, tanto è che hai vinto il premio Tenco più volte. Ma quanto soul c’è nel napoletano?

Io penso in napoletano. Sincronizzare il pensiero con la parola velocemente è il nostro obiettivo nella vita. Il napoletano ti dà proprio la possibilità di raccontare velocemente quello che senti. L’italiano, però, é molto importante perché lo usiamo laddove non possiamo arrivare con il dialetto. Utilizzo la lingua napoletana quando devo parlare più con il cuore, quando voglio esprimere ciò che c’è nel più profondo dell’anima.

A proposito di premi, fosti definito ingestibile dalla Emi perché non partecipasti a Sanremo. Consiglieresti ai giovani di seguire la tua stessa strada di libertà verso certi condizionamenti?

Rifiutai Sanremo perché la EMI mi voleva condizionare troppo, altrimenti se avessi potuto suonare la mia musica senza influenze esterne, l’avrei fatto anche tutti gli anni. Ai giovani non consiglio nulla perché devono essere liberi di fare quello che vogliono. È inutile che una persona più grande stia a dare insegnamenti, perché i ragazzi devono essere se’ stessi. Ad esempio Rocco Hunt, che ormai per me è un figlioccio e col quale c’è una bellissima collaborazione, ha fatto bene ad andare a Sanremo perché si ritrova numero 1 nella classifica dei dischi e nell’opinione pubblica. Dunque, lunga vita ai giovani e che facciano quello che sentano.

Per concludere, hai avuto una carriera eccezionale sia come solista, che in gruppo. Hai duettato con nomi mondiali, dagli Afrika Bambataa, a James Brown, a tantissimi altri. Arrivato ad oggi hai qualche rimpianto o qualche desiderio ancora non avverato?

Non ho rimpianti, ho avuto tantissimo e ringrazio ogni giorno Sant’Alfonso per questo. La vita è fatta comunque di gioie e dolori. Ho avuto un enorme successo, ma allo stesso tempo ho dovuto accettato la morte prematura di mia moglie. Ho capito che la vita come da, così ti toglie. E se dovessi rinunciare a tutto, alla mia brillante carriera, a questi anni, alla fama, per avere indietro la vita di Maria lo farei senza nessun ombra di dubbio. L’unica cosa che desidero ancora fare in questa vita e nella mia carriera è un duetto con Stevie Wonder. Prego Sant’Alfonso perché avvenga.

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Eugenia Conti